Benvenuto: PAX et BONUM

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sabato 26 novembre 2011

CARITAS FRANCESCANA della Comunità Servi del Vangelo: Famiglia Missionaria Francescana-mariana della Divina Misericordia - gruppo di preghiera FRATERNITA' VANGELO & CARITA' - Roma termini

La Caritas Francescana nasce a Roma l'11 febbraio 2010.
E´ la risposta concreta e organizzata alla fame dei poveri che ogni giorno bussavano alla porta dei Francescani .
E´ la realizzazione del sogno di diversi uomini di buona volontà che cercavano l´occasione per servire Dio nei fratelli più bisognosi.

Una giornata di sole nella stazione termini quando finalmente dopo un periodo di trepidante e ansiosa attesa si dava il via all´attività della Mensa in un clima festoso e pieno di gioia.
Da allora ogni giorno viene offerto un pasto caldo a tutti coloro che in cerca di aiuto bussano alla porta della Mensa e vengono accolti senza distinzione di razza, lingua o religione.
I pasti che vengono serviti al giorno sono in media 190, serviti dentro la mensa o inviati fuori. 

Da quel giorno circa 5000, come se ogni abitante di Roma avesse accolto alla sua tavola tre poveri.

E´ stato assicurato, per un periodo, anche un pasto serale caldo agli indigenti che frequentano e dormono presso i locali della Stazione ferroviaria, soprattutto durante il periodo invernale, non avendo altro tetto sotto cui ripararsi.


Ma in questi anni sono emersi altri bisogni, non solo la fame dei barboni, ma la solitudine , la malattia, la povertà di altri, di quelli che non vengono a bussare. E allora si va da loro, con pacchi di viveri, per fare un pò di allegria e di compagnia.

Nella mensa lavorano circa 20 volontari, organizzati in turni e 4/5 obiettori di coscienza che hanno scelto il Servizio di volontariato.


Tutta l´attività della Mensa è affidata alla Divina Provvidenza che in questi anni ha provveduto a sostenerla, ad assisterla con modalità spesso sorprendenti.
E così si va avanti, dove Dio vuole.




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I poveri che non hanno dove dormire vengono dalla Mensa sistemati presso piccoli gruppi. Ma spesso le esigenze superano il numero dei posti disponibili.

Il nostro sogno è quello di poter avere un a casa alloggio, non un dormitorio, dove si possa restare come in famiglia, tutto il tempo che si vuole. Avendo la possibilità di spazi per leggere, parlare, giocare. Insomma un posto dove si possa ritrovare un pò di calore.
Per le persone senza casa anche i gesti quotidiani possono diventare un problema, come il lavarsi, il vestirsi con abiti puliti.
In considerazione di questo distribuiamo vestiti, biancheria, scarpe, coperteecc...


I giorni di apertura di questo servizio sono due a settimana. Ma spesso i poveri chiedono quello di cui hanno bisogno quando passano in mensa o al centro di ascolto e per il giorno successivo gli si prepara un pacco con quanto richiesto.
Comperiamo anche farmaci per chi ne ha bisogno e non ha l´assistenza sanitaria.
Paghiamo bollette in situazioni di povertà.
Accompagniamo e seguiamo le persone che devono essere ricoverate in ospedale.




Da qualche anno portiamo avanti l´esperienza del centro di ascolto.
Alcuni fratelli poveri frequentano la mensa dall´inizio della sua attività, e sentono ormai il personale volontario come la loro famiglia, altri sono di passaggio, ma tutti hanno sperimentato l´accoglienza.

L´impegno dei volontari è quello di servirli perchè ogni persona possa essere riconosciuta nella sua dignità primordiale di figlio di Dio.
Ogni volta che serviamo un fratello, serviamo Dio e lo incontriamo. "Quanto avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, lo avete fatto a me". Così rendiamo gloria al Signore e contribuiamo a far crescere il regno di Dio nel mondo.


Dopo tanti anni conosciamo le storie di ognuno e siamo convinti che ogni uomo, chiunque esso sia, ha un valore infinito e prezioso.
In Cristo non vi sono superiori o inferiori, ma tutti siamo membra di un unico corpo.
Una volontaria diceva: "Il servizio ai fratelli trasfigura l´esistenza: manifesta che la speranza e la vita fraterna sono più forti di ogni tentazione alla disperazione".
LO HAI FATTO POCO MENO DEGLI ANGELI

E´ morto l´altr´anno. Pace all´anima sua.
Ma ogni volta che nel breviario mi imbatto in quel versetto del salmo 8 che dice: L´hai fatto poco meno degli angeli, non posso non ricordarmi di lui.
Povero Giuseppe! Viveva allo sbando, come un cane randagio. Aveva trentasei anni, e metà dell´esistenza l´aveva consumata nel carcere. La mala sorte un pò se l´era voluta da solo, per quella dissennata anarchia che gli covava nell´anima e lo rendeva irriducibile ai nostri canoni di persone per bene. Ma una buone porzione di sventura gliela procuravamo a rate tutti quanti. A partire da me che, avendolo accolto in casa, gli facevo pagare l´ospitalità con le mie prediche...per finire ai giovanotti del bar vicino la stazione, che gli pagavano la bottiglia di whisky per godersi lo spettacolo di vederlo ubriaco.

La sera, quando tornava in episcopio più tardi del solito e non gli andava di cenare, mi guardava con le pupille stralunate che si ritiravano all´insù lasciando vedere tutto il bianco degli occhi, e biascicava parole senza costrutto dalle quali però, mi sembrava di capire: "Lo so, sono un verme, cacciami via, se vuoi: me lo merito".

Quell´anno, alla fine di aprile, il santuario di Molfetta, dedicato alla Madonna dei martiri, con speciale bolla pontificia, veniva solennemente elevato alla dignità di basilica minore.
La città era in festa, e per il singolare avvenimento giunse da Roma un cardinale il quale, nella notte precedente la proclamazione, volle presiedere lui stesso una veglia di preghiera che si tenne nel santuario. Parlò con trasporto di Maria suscitando un vivo entusiasmo. Poi, prima di mandare tutti a dormire, diede la parola a chi avesse voluto chiedere qualcosa.
Fu allora che si alzò un giovane e, rivolgendosi proprio a me, mi chiese a bruciapelo il significato di basilica minore.
Gli risposi che "basilica" è una parola che deriva dal greco e significa "casa del re", e conclusi con enfasi che il nostro santuario di Molfetta stava per essere riconosciuto ufficialmente come casa del Signore del cielo e della terra.
Il giovane, il quale tra l´altro disse che aveva studiato il greco, replicò affermando che tutte queste cose le sapeva già, e che il significato di basilica come casa del re per lui era scontatissimo. E insistette testardamente: "Lo so cosa vuol dire basilica. Ma perchè basilica minore?".
Dovetti mostrare nel volto un certo imbarazzo. Non avevo, infatti, le idee chiare in proposito. Solo più tardi mi sarei fatto una cultura e avrei capito che le basiliche maggiori sono quelle di Roma, e minori sono tutte le altre. Ma una risposta qualsiasi bisognava pur darla, e io non ero tanto umile da dichiarare lì su due piedi, davanti a un´assemblea che mi interpellava, e davanti al cardinale che si era accorto del mio disagio, la mia scandalosa ignoranza sull´argomento.
Mi venne, però, un lampo improvviso. Mi avvicinai alla parete del tempio e battendovi contro, con la mano, dissi: "Vedi, basilica minore è quella fatta di pietre, basilica maggiore è quella fatta di carne. L´uomo, insomma. Basilica maggiore sono io, sei tu! Basilica maggiore è questo bambino, è quella vecchietta, è il signor cardinale. Casa del re!".

Il cardinale annuiva benevolmente il capo. Forse mi assolveva per quel guizzo di genio.
La veglia finì che era passata la mezzanotte. Fui l´ultimo a lasciare il santuario.

Me ne tornavo a piedi verso casa, quando una macchina mi raggiunse e alcuni giovani mi offrirono un passaggio. Lungo la strada commentavamo insieme la serata, mentre il tergicristallo cadenzava i nostri discorsi.
Ma ecco che, giunti davanti al portone dell´episcopio, si presentò allo sguardo una scena imprevista. Disteso a terra a dormire, infracidito dalla pioggia e con una bottiglia vuota tra le mani, c´era lui: Giuseppe.
Sotto gli abbaglianti della macchina aveva un non so che di selvaggio, la barba pareva più ispida, e le pupille si erano rapprese nel bianco degli occhi.
Ci fermammo muti contemplare con tristezza, finchè la ragazza che era in macchina dietro di me mormorò, quasi sottovoce: "Vescovo, basilica maggiore o basilica minore?". "Basilica maggiore" risposi. E lo portammo di peso a dormire.

All´alba volli andare a vedere se si fosse svegliato. Avevo intenzione di cantargliene quattro.
Giuseppe riposava sereno. Un respiro placido gli sollevava il petto nudo. Sotto le palpebre socchiuse luccicavano due pupille nerissime, e la barba dava al suo volto un tocco di eleganza. Forse stava sognando.

Mi venne spontaneo rivolgermi al Signore e ripetere con il salmo: Lo hai fatto poco meno degli angeli.
Mi attardai per vedere se avesse le ali.
Forse le aveva nascoste sotto il guanciale.







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