Benvenuto: PAX et BONUM

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domenica 27 novembre 2011

Le basi della vita comunitaria: -La vita quotidiana nella Comunità Servi del Vangelo: Famiglia Missionaria Gioventù Cattolica Francescana-Mariana della Divina MIsericordia:gruppo di preghiera FRATERNITA' VANGELO & CARITA''

La vita quotidiana nella Comunità:


Le basi della vita comunitaria
Ancora oggi, troviamo nella primitiva comunità cristiana gli elementi fondamentali costitutivi di ogni
vita comunitaria:
· “Erano assidui alla predicazione degli Apostoli
· alle riunioni comuni
· alla frazione del pane
· e alla preghiera”
e da qui, da questi elementi-chiave, scaturisce poi un atteggiamento particolare, uno stile di vita che
dovrebbe essere il nostro stile di vita:
“Tutti coloro che erano diventati credenti:
· stavano insieme
· e tenevano ogni cosa in comune
· ogni giorno frequentavano il tempio e spezzavano il pane
· prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore
· lodando Dio
· e godendo la simpatia di tutto il popolo”
(Atti 2,42-47)
A proposito della vita comunitaria il Fondatore scriveva:
«Il nutrimento della nostra anima deve essere, figlie mie, la vita comunitaria e il compimento
fedele alla Chiesa Cattolica con lo spiirto francescano e le nostre amate Costituzioni».


L’edificazione reciproca
Il vivere insieme è orientato a promuovere la santità della vita gli uni degli altri.
«È molto necessario per mantenere il fervore della comunità che ognuna abbia cura di edificare le
altre attraverso il buon esempio, con il quale devono aiutarsi a raggiungere la santità».
L’amore esige che si portino i pesi gli uni degli altri, che ci si avvisi con affabilità, con amore. Una
carità fraterna e paziente da parte della comunità e un’umile disponibilità da parte dei singoli avviano
a soluzione quei problemi che talvolta sorgono all’interno della comunità.
Adagiarsi comodamente a vivere secondo il criterio del più facile, del più piacevole, secondo il criterio
dell’attività individualistica è un male tra i più gravi. Si oppone al nostro distintivo che è la carità.
Un altro male ancor più grave è la critica, la mormorazione, i pregiudizi e i giudizi temerari con cui
noi, che siamo di continuo perdonati dal Padre, condanniamo senza pietà i nostri fratelli. Questo è la
distruzione delle comunità, infatti “ogni regno diviso in se stesso va in rovina”. L’amore autentico
guarda con benevolenza scusando l’intenzione quando è impossibile giustificare l’azione.


Carità verso il prossimo
1. Il precetto dell’amore verso il nostro prossimo non è lo stesso di quello dell’amore verso il nostro
Dio, perché Dio dobbiamo amarlo in se stesso e per se stesso, mentre il prossimo non in se stesso
e per se stesso, ma in io e per Dio. Questi due precetti però sono simili perché l’uno non si
consegue senza l’altro e tutti e due si riferiscono a Dio sebbene l’uno direttamente e l’altro
indirettamente.
2. Motivi che ci obbligano alla carità con il prossimo: la carità verso il nostro prossimo è molto
eccellente perché è il secondo Comandamento al quale si riduce tutta la legga divina dopo l’amore
di Dio. È comandamento divino che amiamo il prossimo per Dio e in Dio come Egli amò noi.
Siamo obbligati ad amare il prossimo perché l’amore di Dio e del prossimo vanno
inseparabilmente uniti ed inoltre l’amore al prossimo, Dio lo prende come amore per Se Stesso.
3. L’unione col nostro prossimo deve essere come quella delle membra del corpo che si aiutano le
une con le altre nelle azioni, nel perfezionarsi e in tutto. L’unione col nostro prossimo esige varie
cose che sono:
· Allontanare da noi tutto ciò che la impedisce ossia i vizi che dobbiamo combattere con le
opposte virtù specialmente l’umiltà.
· Non avere invidia di niente.
· Amare il nostro prossimo nel nostro intimo, e dimostrarlo esteriormente con le opere.
· Avere molta stima delle nostre consorelle e parlare sempre bene di esse.
· Non riferire ad altri quello che si disse di loro in particolare se è cosa che le può amareggiare.
· Usare parole buone che favoriscano la carità, guardarsi dal proferire parole piccanti che
possano ferire le nostre consorelle, astenersi dal discutere, contraddire o riprendere.


Nei rapporti comunitari, con profondo realismo, esortava al rinnegamento di sé, al rispetto, alla
comprensione reciproca, alla prudenza:
«Vorrei vedervi camminare nella vita religiosa liberi dall’io, disinteressati e indipendenti da ciò che
non è Gesù e la sua volontà, servendo tutti con carità e semplicità. Affettuosi con chi vi vive
accanto, usando con loro tanta prudenza e carità, mai manifestando quello che la carità chiede di
tacere. Siate anime dal cuore grande, che mai si lasciano vincere dall’andazzo comune. Non siate
sospettosi, né diffidenti; ma molto delicati per non ferire alcuno.
Evitate la grossolanità, la volgarità e le imprudenze; dimenticate le mille disattenzioni e contrarietà
che comporta il fatto di vivere insieme in tanti e di diversa educazione. Tutte queste piccolezze, o
montagne (secondo la sensibilità dell’anima), non devono rimanere in noi più del tempo
necessario per portarle a Gesù e chiedergli che doni più abbondanti grazie a chi fa con noi lo
stesso cammino». (Consejos, 1933)
La Madre insegnava alle sue figlie ad essere prudenti nel parlare, a saper controllare la lingua:
«Desidero anche che impariate a tacere, sapendo che in molte occasioni tacere è prudenza, mentre
parlare spesso è vanità. Le occasioni di parlare o di tacere si presentano con la stessa facilità, ma dobbiamo preferire il silenzio, ricordando che dall’albero del silenzio pendono frutti di tranquillità
e raccoglimento. Saper tacere a tempo opportuno e a lungo non è molto facile per cui il dono del
silenzio, come quello di parlare a tempo opportuno, è preziosissimo».



L’uso della televisione
Madre A. Luce della Speranza:  fu una donna aperta, capace di stare al passo con i tempi, di rivedere le sue
posizioni, ma fu altrettanto decisa e intransigente quando, con l’avvento della televisione, vide in
pericolo la quiete e lo spirito delle case religiose. La sua prudenza ad alcuni apparì, e continua ad
apparire, eccessiva nonostante l’amara esperienza che oggi si fa. Al termine di una visita canonica
alle case del Belgio la madre scriveva: «Una sola cosa mi ha rattristato: vedere nelle nostre case la televisione, ponendo come scusa che è
stata regalata, il che ha aumentato il mio dolore. Ho pensato, infatti, più di una volta che se ai miei
figli e figlie fanno un regalo che può costituire la morte dei bambini a loro affidati, essi non hanno
il coraggio di rifiutarlo. La televisione è la morte dell’anima e dico la morte perché in essa si va
bevendo poco a poco, e senza rendersene conto, un veleno che, se non fa male al corpo, uccide lo
spirito. La televisione è il mondo che entra nelle nostre case religiose e Seminari, ed è per questo
motivo che questa vostra Madre sta lottando intensamente con religiosi, religiose e Superiori di
Seminari, affinché allontanino dalle Case e dai Seminari la malvagia televisione, e dico malvagia
perché è programmata in modo assolutamente malevolo, per la rovina delle anime a Gesù
consacrate e della gioventù che aspira alla perfezione.
Per favore, figli e figlie, datemi la consolazione di non vedere nelle nostre case questi apparecchi,
con la scusa della cultura. Sempre si è studiato e si sono svolti compiti di molta importanza e
responsabilità, senza bisogno di ricorrere a questi strumenti così velenosi per le anime a Gesù
consacrati e per la gioventù!»


L’umiltà e l’attaccamento all’Eucaristia
«Figli mie sforziamoci di essere umili, poiché l’umiltà è accompagnata dall’ardente desiderio di
unirci a Dio nell’Eucaristia, inoltre sperimentando davvero la nostra debolezza e povertà
aspiriamo l’unica cosa che può darci forza e riempire il vuoto del nostro cuore».








«Un giorno, mentre stavamo nel Santuario partecipando alla Messa del mattino, ad un certo punto,
durante la Consacrazione, sentimmo la Madre che parlava forte. Avendo capito che era andata in
estasi gran parte di noi suore corremmo intorno a lei per sentire quello che diceva. Quando la
Madre tornò in sé, noi non facemmo in tempo a tornare ai nostri posti e ci vide lì. Appena finita la
Messa ci riunì in sala. Io non avevo mai sentito la Madre così energica, così forte e così dispiaciuta.
Ci rimproverò assai perché invece di pendere dalle labbra del Signore che era sceso sull’altare,
eravamo andate a sentire quello straccio, quell’asino che parlava. E per penitenza non venne più a
Messa con noi per alcuni mesi»

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