Il progetto nasce il 12 giugno 2011 (solennità di Pentecoste) dal desiderio di condividere la vita, secondo la specifica vocazione di ciascuno (consacrazione religiosa, matrimonio, celibato) per approfondire insieme la fede e la vita cristiana e per dedicarsi al servizio di chi è in difficoltà. Alcune delle persone che aderiscono scelgono di vivere insieme. Ad ogni nucleo è riservato uno spazio abitativo indipendente al fine di promuovere e rispettare la diversità dei ritmi e degli stili di vita tipici di ogni vocazione.
Altri, a cerchi concentrici, secondo le concrete possibilità e la disponibilità di ciascuno, condividono impegni, momenti specifici di confronto, decisioni da prendere, preghiera, convivialità, festa. Allargando un po’ il
cerchio possiamo trovare singoli, famiglie e comunità che condividono il cammino di fede, l’impostazione di vita e i progetti del gruppo e rispondono a richieste di ascolto, accoglienza, accompagnamento. Altri ancora
scelgono di offrire un servizio professionale o di sostenere in altro modo la vita del gruppo, periodicamente o
occasionalmente, anche soltanto a livello economico. Insieme si vivono momenti comunitari di preghiera, condivisione della tavola, progettazione, ricerca di soluzioni, verifica.
cerchio possiamo trovare singoli, famiglie e comunità che condividono il cammino di fede, l’impostazione di vita e i progetti del gruppo e rispondono a richieste di ascolto, accoglienza, accompagnamento. Altri ancora
scelgono di offrire un servizio professionale o di sostenere in altro modo la vita del gruppo, periodicamente o
occasionalmente, anche soltanto a livello economico. Insieme si vivono momenti comunitari di preghiera, condivisione della tavola, progettazione, ricerca di soluzioni, verifica.
Il Progetto vuole offrire ascolto, accompagnamento, accoglienza, nello stile della famiglia allargata, a quanti, per motivi diversi, ne hanno bisogno, con un’attenzione tutta particolare per ogni tipo di povertà, soprattutto
“relazionale”, nell’ambito della cosiddetta “normalità”. Non si tratta di fornire specifici interventi professionali a favore di situazioni gravemente devianti, ma di offrire la presenza e l’ambiente umano-affettivo tipico della famiglia, riconoscendo ad essa un valore terapeutico in quanto habitat naturale per la nascita, la crescita e l’intera esistenza della persona umana.
“relazionale”, nell’ambito della cosiddetta “normalità”. Non si tratta di fornire specifici interventi professionali a favore di situazioni gravemente devianti, ma di offrire la presenza e l’ambiente umano-affettivo tipico della famiglia, riconoscendo ad essa un valore terapeutico in quanto habitat naturale per la nascita, la crescita e l’intera esistenza della persona umana.
Sembra che un certo disagio “esistenziale” sia diffuso sia in situazioni di chiara emarginazione (povertà economica, immigrazione, abbandoni familiari di minori, donne, anziani e disabili e a tutte le persone che non hanno voce…), sia sotto apparenze di normalità e persino di benessere.
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