Benvenuto: PAX et BONUM

Benvenuto: PAX et BONUM

mercoledì 23 novembre 2011

I primi due salmi del salterio

I primi due salmi del salterio

L'esperienza di cui rende testimonianza il primo libro dei salmi è l'assenza di Dio nella persecuzione dei giusti. Sembra che Dio si faccia presente unicamente nella preghiera dell'uomo oppresso, perseguitato e che è dalla parte di Dio. Non vi è giusto che non si senta anche colpevole, che non senta di avere peccato; così alla persecuzione dei nemici si aggiunge spesso, nell'orante, il riconoscimento o il timore del castigo di Dio che lo punisce per le sue infedeltà.
Analizziamo più attentamente questo primo libro dei salmi. Mai la notte è così fonda che non trapeli la luce; anche se Dio non interviene, però è tale la fiducia del giusto perseguitato che prega, che egli anticipa già la vittoria e la protezione divina. L'anticipa in una certezza assoluta, cosicché, pur nella pena, pur nell'angoscia in cui vive, colui che prega realizza anche la vittoria futura di Dio e in qualche modo la vive. Per essere però più fedeli al testo stesso ispirato, conviene seguire più da vicino i salmi. Naturalmente non si può far qui un commento di ogni singolo salmo, ma vogliamo mettere in luce quella unità che deriva dal loro susseguirsi nel libro ispirato, per riconoscere i temi fondamentali che si presentano e vengono sempre sottolineati dal cantore ispirato, come i motivi fondamentali della sua propria vita, come l'esperienza sua più viva e drammatica.
I primi due salmi sono in qualche modo a sé, così come è a sé l'ultimo salmo del quinto libro.
I primi due salmi, cioè, sono un'introduzione a tutto il libro e già ne dicono, come in un sommario, lo svolgimento futuro. Sono dunque questi due salmi che debbono darci la -chiave per la interpretazione di tutto il Salterio. Di fatto ne sono come il sommario e sono anche l'espressione riassuntiva di tutta l'esperienza religiosa di Israele, di tutta l'esperienza religiosa della Chiesa cristiana.
Salmo 1
Beato l'uomo che non segue il consiglio degli empi,
non indugia nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli stolti;
ma si compiace della legge del Signore,
la sua legge medita giorno e notte.

Sarà come albero piantato lungo corsi d'acqua,
che darà frutto a suo tempo
e le sue foglie non cadranno mai;
riusciranno tutte le sue opere.

Non così, non così gli empi:
ma come pula che il vento disperde;
perciò non reggeranno gli empi nel giudizio,
né i peccatori nell'assemblea dei giusti.

Il Signore veglia sul cammino dei giusti,
ma la via degli empi andrà in rovina.

Salmo 2
Perché le genti congiurano
perché invano cospirano i popoli?
Insorgono i re della terrae i principi congiurano insieme
contro il Signore e contro il suo Messia:
«Spezziamo le loro catene,
gettiamo via i loro legami».
Se ne ride chi abita i cieli, li schernisce dall'alto il Signore.
Egli parla loro con ira,
li spaventa nel suo sdegno:
«Io l'ho costituito mio sovrano
sul Sion mio santo monte».

Annunzierò il decreto del Signore.
Egli mi ha detto: «Tu sei mio figlio,
io oggi ti ho generato.
Chiedi a me, ti darò in possesso le genti
e in dominio i confini della terra.
Le spezzerai con scettro di ferro,
come vasi di argilla le frantumerai».

E ora, sovrani, siate saggi
istruitevi, giudici della terra;
servite Dio con timore
e con tremore esultate;
che non si sdegni e voi perdiate la via.
Improvvisa divampa la sua ira.
Beato chi in lui si rifugia.

I due salmi sono assai diversi nella ispirazione: il primo è sapienziale e il secondo profetico; così, fin dall'inizio, l'ispirazione sapienziale e l'ispirazione profetica appaiono la duplice sorgente di tutto il Salterio che raccoglie in sintesi, come tutta la storia della rivelazione divina, così tutta l'esperienza religiosa di Israele. Non si può dire che il contenuto dei due salmi sia lo stesso, ma la differenza fondamentale dipende soprattutto dalla ispirazione. Nel primo nessun richiamo alla storia particolare della nazione, ai suoi istituti. Il contrasto tra 'i giusti' e 'gli empi' non li oppone in guerra fra loro, ma è stabilito dal diverso atteggiamento degli uni e degli altri nei confronti della Legge. Certo, per Israele 'meditare la Legge del Signore' era vivere il proprio rapporto con Dio, ma la mediazione della legge questo rapporto già lo faceva meno drammatico e personale. Di fatto in questo primo salmo la vita religiosa è essenzialmente adempimento di una norma, ha carattere etico; è più pura, più elevata che nel salmo secondo, ma è certo meno viva, importa meno un rapporto con un Dio personale, un rapporto dell'uomo con la nazione, con la storia, con gli altri. Il giusto e l'empio sembrano ignorarsi a vicenda. Come il giusto e l'empio si definiscono soprattutto in rapporto alla legge indipendentemente dalla vita della nazione, così la loro giustizia ed empietà non sembrano avere altro frutto che per essi: per i giusti, la vita; per gli empi, la morte. Certo, il primo salmo è anche universale del secondo e sta bene all'inizio del libro, ma non dice l'esperienza religiosa d’Israele, in quello che questa ha di proprio.
Il secondo è di ispirazione profetica; la differenza fra i giusti e gli empi qui si fa opposizione radicale degli uni contro gli altri. L'empietà si esprime non direttamente nel rifiuto della Legge di Dio, ma nella guerra che gli empi fanno a Israele e all'Unto di Dio. Dio stesso prende parte personalmente a questa guerra che coinvolge tutte le nazioni; la vita religiosa prima di essere una morale individuale, si identifica così alla vita della nazione, ha la dimensione della storia. Non solo liricamente il secondo salmo è più vivo, più grande del primo, ma dice immensamente di più. Eppure l'uno completa l'altro e l'uno non può fare a meno dell'altro, se l'uno e l'altro sono introduzione al Salterio. La vita. religiosa in Israele è essenzialmente legata alla vita della nazione, alla storia. Dio interviene in questa storia. L'Unto di Dio è il Re messianico che realizza il piano divino in un Regno universale. Ma come il primo salmo poteva mettere in ombra il carattere di rapporto personale dell'uomo con Dio nella vita religiosa, così questo secondo avrebbe potuto mettere in ombra il carattere etico di questa medesima vita. La vita religiosa non si identifica con la storia della nazione eletta da Dio.
Qual è dunque il contenuto del Salterio? Indubbiamente rimane la opposizione radicale trai giusti e gli empi e l’annuncio di un giudizio futuro Nonostante sembrino sedere sulla cattedra, gli empi sono come pula che il vento disperde. I giusti invece si radicano, resistono; sembrano essere soppressi, invece sono come albero piantato sulle rive dell'acqua che dà il frutto a suo tempo, le sue foglie sono sempre verdeggianti. Il fatto che il vento disperda gli empi e il fatto invece che il giusto sia come albero piantato, è in vista degli ultimi versetti, nei quali si accenna ad un giudizio divino che ristabilisce le cose. Nei confronti del primo salmo, che cosa ci dice il secondo? Sembra che non vi sia alcuna parentela, alcun rapporto tra i due. Se invece i due salmi sono tutt'e due introduzione al Salterio, il secondo non fa che chiarire il primo, anche se immediatamente non appare. Intanto il secondo ci dice che la opposizione non è soltanto in rapporto alla Legge, è una opposizione degli uni contro gli-altri che scatena una guerra. Non solo gli empi non hanno nulla in comune cori giusti, ma si oppongono a questi nella guerra. La guerra è di tutte le nazioni contro Israele, anzi contro il suo re che è l'eletto di Dio. Nei confronti degli empi il primo salmo parla dell'uomo che medita giorno e notte la legge del Signore; nei confronti delle nazioni che insorgono contro Dio, il secondo salmo parla al contrario dell'Unto di dio. Da una parte è la moltitudine e dall'altra Uno solo.-Nel secondo salmo tutto e trasportato sul piano nazionale. Non più i singoli, siano pur moltitudine, ma tutte le nazioni contro uno solo: l'Unto del Signore. Quest'uno è Colui che prega nei salmi. È sempre uno che parla. Chi e quest'Uno? È la moltitudine dei giusti, è il popolo santo, è tutta la nazione d'Israele, ma nel suo Unto. Tutto il popolo d'Israele è uno nel suo Re, come tutta la moltitudine dei perseguitati è una nel Servo di Jahveh. L'unità è l'unità di tutti nel Cristo.
A me sembra che la esegesi di sant'Agostino, che non sapeva nulla di ebraico, valga immensamente di più, sia più profonda dell'esegesi di chi, pur conoscendo l'ebraico e tutte le lingue antiche, non afferra questa dottrina. La chiave dell'interpretazione del Salterio, per Agostino, è precisamente questa: chi parla nei salmi è Cristo, il Re messianico e, più ancora, il Servo di Jahveh che si è caricato del peccato del mondo. In lui noi tutti preghiamo, è il Cristo, solidale con noi, che implora . il perdono per i nostri peccati. È uno che grida, che prega: è oppresso dal male, è perseguitato, ma è l’eletto di dio.
Il secondo salmo già ce lo pone dinanzi nel modo più decisivo, più pieno, più forte. veramente l'Uomo protagonista di tutto il Salterio, la cui unità deriva dall'unità di Colui che, attraverso tutti i salmi, soffre e prega, vive la sua passione, ma attende la protezione di Dio e la salvezza. La sua passione, l'oppressione che subisce da parte degli empi si unisce alla certezza della vittoria, si unisce alla certezza di una universalità di salvezza che da lui e per lui si effonderà su tutta la terra.
La vita dell'universo è la guerra e la guerra ha le dimensioni del cosmo! Tutte le nazioni cospirano insieme per andar contro l'Unto, contro il Re messianico, che è Cristo. Questa guerra di tutte le nazioni contro di lui, nel suo carattere universale, è il contenuto vero della vita del mondo, della storia degli uomini. Nessuno di noi può far sua la parola dei salmi che in quanto egli diviene una sola cosa con Cristo; e non vive quella parola che in quanto si sente segno di tutto l'odio, di tutta la guerra che da ogni parte si muove contro l'Unto di Dio. Tutte le nazioni, ci dice il secondo salmo, cospirano contro il Cristo, la guerra tuttavia ancora non c'è. C'è uno stato di guerra; di fatto non c'è guerra, perché la guerra suppone lo scontro di due nemici. E il salmo non conosce ancora lo scontro reale.
Dio, che prende le parti dell'Unto, ride soltanto dal cielo e beffeggia; l'unico atto per cui interviene è la proclamazione della elezione divina:
Tu sei mio figlio,
io oggi ti ho generato.
Chiedi a me, ti darò in possesso le genti
 (Sal. 2).
L'intervento di Dio è pacifico, egli non entra in guerra. Tutti vanno contro di lui, egli non va contro nessuno: si afferma. Non vi è guerra guerreggiata. Tutti combattono contro Dio e il suo Cristo, ma Dio non combatte contro nessuno: egli rimane, egli è. Tutti possono scagliarsi contro Dio, tutti si scagliano anche contro di te se tu sei dalla sua parte, ma tu non reagisci, ti affidi a Dio. E Dio prende le tue difese non entrando in guerra, non intervenendo nella lotta, opponendosi perciò ai suoi nemici, ma con una promessa che poi avrà il suo adempimento in un giudizio futuro. Questa promessa che Dio fa all'inizio del Salterio giustifica la speranza dell'orante, lungo tutto il Salterio.
Come potrebbe l'uomo, l'oppresso, confidare, se Dio non avesse promesso? Così tutti i salmi dipendono dalle parole che iniziano il Salterio:
Tu sei mio figlio,
io oggi ti ho generato.
Chiedi a me, ti darò in possesso le genti
e in dominio i confini della terra.
Le spezzerai con scettro di ferro,
come vasi di argilla le frantumerai.
(Sal. 2).
Sembra che l'Unto di Dio, quando sarà investito del potere, debba combattere i suoi nemici. Così anche il Nuovo Testamento, nell'Apocalisse, ci parla di Cristo. Di fatto, l'apparizione di Dio per sé, compie il giudizio e opera la vittoria. Una volta che questa promessa si adempie, il male rovina, viene meno e il Cristo regna. Il Regno dell'Unto di Dio non si distingue dal Regno di Jahveh; è il Regno di Dio esercitato attraverso il Re messianico.
Non si dice che coloro che hanno composto questi salmi prevedessero l'incarnazione del Verbo, tuttavia le parole dei salmi trovano il loro adempimento pieno nell'incarnazione del Verbo. Non c'è distinzione fra il Regno di Dio e il Regno di Cristo. I salmi della regalità messianica, dal 90 al 99, sono precisamente il compimento della promessa che è all'inizio del Salterio. Il Regno di Jahveh è il Regno del Re messianico: Dio e l'uomo sono uno. Non solo tutto Israele si riassume nel suo Re, ma anche Dio e l'uomo sono uno: il Kyrios. I salmi sono gli inni di guerra di Colui che è il Signore. Il Salterio fino dal secondo salmo ha carattere messianico. Se tutto l'Antico Testamento annuncia il Cristo, non parla in verità di lui nessun libro più del Salterio. Prima di essere il libro della preghiera di Israele, è il libro della promessa e della speranza messianica di Israele. I salmi non sono espressione di alta vita morale e nemmeno semplicemente di vita religiosa: Dio poteva anche dare un valore sacro, religioso alla nostra vita morale, indipendentemente dal nostro inserimento nel Cristo. Se il tema fondamentale di tutto il Salterio fosse stato solo quello del primo salmo, in realtà sarebbe stata questa la visione che ci avrebbe dato il Salterio: gli empi e i giusti, e Dio che interviene in favore di questi, in rovina degli altri. Spesso vediamo soltanto così la vita religiosa, ma non realizziamo allora il valore proprio del Salterio che è quasi l'epopea lirica del Regno messianico, la vita e la preghiera del Cristo che realizzano il Regno di Dio. Gli empi sono coloro che si oppongono al Cristo e sono le nazioni della terra contro Israele. L'orante non è altri che lui. Coloro che sono oppressi, i poveri sono anche peccatori e come potrebbero essere dalla parte di Dio se il Cristo stesso non avesse assunto il peccato del mondo? È meno la giustizia che l'umiltà, è meno l'ingiustizia che la rivolta contro Dio che si affrontano. Il giusto oppresso è anche il peccatore che implora il perdono.
A differenza di tanti altri libri dell'Antico Testamento non è solo il giusto dalla parte di Dio, colui che la sua legge medita giorno e notte (Sal 1,2); non è soltanto neppure l'Unto di Dio, è anche il peccatore che prega perché non è la giustizia dell'uomo, come insegnerà poi il Nuovo Testamento, che mette l'uomo dalla parte di Dio, ma l'assunzione che fa dell'uomo Dio medesimo in Cristo. Il Re messianico è anche il Servo di Jahveh, l'Agnello che si carica dei peccati del mondo. Per questo, non tanto in colui che si sente innocente, ma soprattutto nel peccatore che prega à già misteriosamente presente il Cristo.
Colui che prega è giusto perché in lui colui che parla, anche se egli è peccatore, è Cristo che si è fatto solidale con noi. Così in lui è veramente tutta l'umanità che prega, una umanità che non rifiuta la difesa di Dio, che implora da lui la salvezza.
Il Cristo dei salmi è il Re messianico cui sono date in retaggio tutte le nazioni. È implicita già la dottrina del Corpo mistico: tutta l'umanità è una in Lui, parla per Lui. Le nazioni che cospirano contro di lui, lottano contro l'Unto di Dio, sono quelle che si ribellano al suo dominio. L'Unto di Dio non fa nulla, non reagisce contro di loro; la reazione viene soltanto da Dio, il quale interviene nella storia delle nazioni con il proclamare la regalità del Cristo. L'Unto è suo Figlio. Così irreparabile diviene la sorte delle nazioni che vogliono sottrarsi alla sua regalità.
Il destino del Re messianico praticamente è il destino stesso di Dio nella vita del mondo. Dio interviene immediatamente con la proclamazione della regalità di Colui che ha fatto suo Figlio; questa proclamazione è già annuncio di un giudizio futuro, che è la condanna delle nazioni. Se la storia del mondo sembrava essere la lotta delle nazioni contro questo Re, al termine tuttavia egli regnerà su tutte le nazioni, stritolerà tutti i suoi oppositori, non rimarrà che il suo Regno.
Quello che dice Ezechiele lo ripetono i salmi: non rimane che Israele, il popolo di Dio; le nazioni sono destinate allo sterminio. Non sono destinati allo sterminio i singoli uomini, perché i singoli vengono dalle nazioni, ma si inseriscono nel popolo santo. Non sono salvi in quanto appartengono alle nazioni, ma in quanto sono Israele, il popolo del Re messianico. Al termine veramente non sarà che il Regno del Cristo. Eppure Dio non si compiace di distruzione e di morte. È il contrario che è vero. Tutto quello che non è in lui, ha fine, ma tutto dev'essere in lui (cf. Ez. 37,21-28).
Che cos'è vivere per gli uomini se non inserirsi nel Cristo? Per questo come il Cristo ha voluto parlare per tutti noi, noi tutti ora dobbiamo far nostra la sua parola. La preghiera dei salmi è il nostro primo inserimento volontario nel Cristo. Per la nostra preghiera il Cristo stesso ora vive in noi ed è la sua presenza in noi che ci riserba alla salvezza futura.
Dio è l'Unico. Rimane soltanto Dio, ma Dio che sussiste nella natura umana assunta, perché l'incarnazione è eterna. E Dio si è fatto uomo e noi diveniamo una sola cosa con lui, prima ancora che con i sacramenti, con questa parola che egli ha assunto da noi perché con questa stessa parola noi potessimo parlargli. La parola che è promessa di Dio diviene preghiera dell'uomo.
La supplica, l'implorazione è parola di Dio che si è fatto veramente uno con noi, perché al termine del Salterio l'uomo lodi il Signore nella lode del Figlio di Dio e al termine non sarà più un povero solo, ma tutto l'universo, fatto uno nel Cristo, che innalzerà la sua lode a Dio.
La preghiera dei salmi che vuole la distruzione e la morte, la confusione e la fine di tutti i nemici, è la preghiera che chiede il sussistere solo del Cristo. L'uomo che prende le parti del povero oppresso, prende in realtà le parti stesse di Dio. Non è prendere le parti di Dio non volere che Dio veramente sia riconosciuto come egli è: santità pura e infinita. Prendere le parti di Dio vuol dire desiderare, volere la distruzione di tutto quello che egli non è. E Dio nel Cristo si è fatto uno non con gli oppressori e i nemici, ma con il povero perseguitato, con l'Unto di Dio.
Così alla fine del Salterio, che suppone il giudizio nell'esercizio della regalità di Dio, la creazione intera e gli uomini tutti non vivono più che la lode divina. La dualità persiste nel rifiuto della creatura e del cosmo che si oppongono a lui fino a quando egli lo permetterà. È dualità di una creazione che non vuole, che rifiuta e respinge la sua sottomissione a Dio, ma Dio non la sopporta, la distrugge e con la sua presenza la consuma.
Questo dice il salmo secondo negli ultimi versetti, che sembrano terribili e dicono soltanto l'esigenza infinita dell'Unità divina.

Nessun commento:

Posta un commento