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mercoledì 23 novembre 2011

Che cosa dicono i salmi

Che cosa dicono i salmi

I salmi dunque sono la parola del Cristo, vero Dio e vero Uomo, ed esprimono insieme tutto quello che Dio di sé ci vuol dire e tutto quello che l'uomo è: hanno un contenuto che sembra il più ampio che sia mai possibile pensare; nulla di Dio ci è nascosto, nulla dell'uomo ne è escluso. Certo, Dio trascende sempre ogni conoscenza che egli ci vuoi dare di sé. La conoscenza più alta di Dio è precisamente il dover riconoscere la nostra ignoranza, ma per quanto Dio abbia voluto manifestarsi e comunicarsi all'uomo, i salmi ci dicono tutto: Dio nei salmi a noi si rivela e si rivela precisamente nella parola di Gesù.
Come l'uomo in Cristo Gesù è la suprema rivelazione di Dio, così la parola dell'uomo, nei salmi, è più di ogni altra la parola stessa di Dio che ci manifesta i segreti intendimenti della sua volontà, l'ineffabile pienezza del suo amore per noi.
Si è detto: l'essere umano è tale che Dio solo sembra poterne realizzare tutte le possibilità. Dio ha creato l'uomo in tal modo che Dio solo avrebbe potuto portare a compimento la perfezione dell'essere suo nell'assumere questa natura. Di fatto l'uomo era stato creato capax Dei, perché divenisse figlio di Dio. Qualche cosa di simile noi possiamo dire dei salmi. La parola dell'uomo soltanto Dio può portarla al suo compimento, soltanto in Dio acquista il suo valore ultimo, il suo significato supremo, la sua interpretazione definitiva. L'uomo non parla che attraverso la bocca di Dio. L'unione che si è compiuta nell'incarnazione del Verbo, ha nel Salterio una delle sue espressioni più alte. Nei salmi come preghiera del Cristo, come sua parola, questa unione si rivela nella sua profondità abissale, si manifesta nel suo mistero di vertiginosa grandezza. Solo nella bocca di Dio la parola dell'uomo trova la sua ultima espressione, e noi ora dobbiamo dirne qualcosa, ma quello che diciamo non può essere altro che un approfondimento di quanto già abbiamo detto.
Nulla è escluso da questa parola: né Dio né l'uomo, ma la parola in cui Dio e l'uomo si incontrano e si capiscono è ancora un annuncio ed attende un adempimento preciso, che sarà l'incarnazione stessa di Dio. Nei salmi cioè, vi è, sì, un rapporto intimissimo e profondo fra Dio e l'uomo, fra l'uomo e Dio, ma l'uomo parla a Dio e Dio parla all'uomo. È unico Colui che parla ed è Cristo, ma la parola del Cristo è la parola dell'uomo che soffre, ed è la parola di Dio che ha pietà. È unico Colui che parla, ma l'unità di Colui che parla non esclude il dramma di una natura umana che può rivolgersi a Dio, ma si sente ancora lontana, oppressa dal peccato, dilaniata dalla sofferenza, nel sentimento del suo esilio dalla patria, nel riconoscimento del proprio peccato. Questa parola, pur rivolta a Dio, è la parola dell'uomo.
Così ancora, la parola che nei salmi, detta da Cristo, rivela il Signore, la sua intenzione profonda, la sua volontà santa, è una parola che ancora si esprime come legge che chiede un suo adempimento, come promessa che lo attende.
La parola di Dio non sarà più legge nella sua realizzazione; la parola dell'uomo non sarà più implorazione quando, nella lode, manifesterà il dono di Dio. I salmi sono il processo di una incarnazione divina onde Dio si `adatta' sempre più all'uomo - come dice sant'Ireneo - onde l'uomo sempre più è sollevato dall'empito della grazia e sempre più si avvicina al suo Dio. Fa parte, certo, di un processo di incarnazione divina; non dimostra, tuttavia, ancora avvenuta l'incarnazione. In essa il Verbo non è più parola profetica, è la parola fatta carne: Verbum caro factum (Gv. 1,14), il Cristo è Persona.
Qual è il contenuto di questa parola dei salmi? e vorremmo dire: chi parla nei salmi? Se il Salterio è la parola di Dio e la parola dell'uomo, è essenzialmente un colloquio, anzi un dialogo. Il dialogo suppone uno che si rivolga a un altro e i due divengano in qualche modo uno, eppure rimangano due. Nell'incarnazione del Verbo il Cristo è uno, ma è insieme Dio e uomo, e Dio non si confonde con l'uomo e l'uomo non si confonde con Dio. Proprio perché quando è stato scritto il Salterio ancora non era avvenuta l'incarnazione del Verbo, il Salterio, più che essere la Parola fatta carne, è la parola di un'umanità che attende il compimento del mistero ed è la parola di un Dio che discende per realizzarlo. Nel Salterio si incontrano veramente Dio e l'uomo: l'uomo in una preghiera che sale, Dio in una misericordia che discende. Certo il Cristo, il Verbo di Dio fatto uomo, fa sua questa parola, ma prima ancora di lui e dopo di lui, è tutta l'umanità che è chiamata ad essere una sola cosa con lui, che deve pregare con queste parole, che deve ascoltarle e rivolgerle a Dio.
Chi parla sa a chi si rivolge la sua parola? Ecco la cosa più grande. Prima di tutto il dialogo è il dialogo tra Dio e l'uomo e tra l'uomo e Dio. I due estremi si toccano: la miseria più profonda con la più sublime santità: nessun altro dialogo può mettersi a paragone di questo. Già in questo suo contenuto il Salterio manifesta una sua sublime grandezza. Perché Dio si può davvero rivolgere all'uomo? e l'uomo potrebbe davvero rivolgersi a Dio? Forse dovremmo rispondere di no. Non esiste la preghiera nella natura pura perché la parola dall'uomo, nella pura natura, non potrebbe raggiungere Dio. La preghiera, per essere un atto personale, deve rivolgersi a una persona. Ma Dio come persona è il Padre, il Figlio e lo Spirito santo. Nell'ordine di pura natura l'uomo ha un rapporto di dipendenza assoluta dal Creatore, ma questo rapporto non è un rapporto personale e vivo; non implica per l'uomo veramente un incontro con il suo amore, non stabilisce veramente per lui un altro rapporto, diverso da quello della natura in quanto creata.
La preghiera nell'ordine di pura natura sembra un controsenso, perché in quest'ordine Dio non esce dalla sua solitudine infinita, Dio non stabilisce alcun rapporto con l'uomo; potrebbe stabilire un rapporto con la creatura solo nel caso che Egli l'assumesse. Il Padre non parla che al Figlio, così come egli non ascolta che il Figlio.
I rapporti in Dio sono le stesse Persone divine. Il colloquio di Dio non si stabilisce che entro il mistero della sua intima vita: Filius meus es tu - Abba, Pater (cf. Sal. 2,7; Mc. 14,36; Rom. 8,15) il colloquio che riempie in un atto unico di amore infinito, tutta la divina eternità. Nell'ordine di pura natura l'uomo non parla e Dio non ascolta; Dio non parla e l'uomo non ascolta. Parlare all'uomo, per Iddio, vuol dire in qualche modo uscire dal suo infinito silenzio e stabilire con l'uomo un rapporto che è rapporto gratuito di amore. Reciprocamente per l'uomo: parlare a Dio vuol dire per l'uomo avere il potere di superare l'infinita distanza che lo separa da Lui. Ma come è possibile che la parola dell'uomo possa giungere fino a Colui che è inaccessibile? La parola dell'uomo non può giungere, per sé, in questo infinito silenzio nel quale Egli dimora. Solo la parola del Figlio riempie i silenzi dell'eternità. Ora il Salterio è invece l'espressione di una vita di grazia; suppone già l'elevazione dell'uomo, suppone soprattutto l'elezione d'Israele; suppone che Dio già in qualche modo abbia aperto il suo seno ed abbia chiamato ad entrarvi questa umile creatura che è l'uomo. L'uomo, ora, sollecitato da Dio, per questa vocazione, ha il potere di superare l'infinita distanza che lo separa da Lui e può invocare il suo aiuto, parlargli. Sempre ci sbalordisce, ci sgomenta il pensiero degli spazi stellari. Se si pensa che vi sono miliardi di galassie ed ogni galassia è miliardi di stelle, e fra galassia e galassia vi sono, alcune volte, milioni di anni di luce di distanza, ci si perde, non si capisce più nulla. Che cos'è, non dico il mondo, ma anche il sistema solare? Un atomo nell'universo. E tu che sei? quale pretesa puoi avere di parlare a Dio? Come si capisce l’ateismo contemporaneo, e come può essere giustificato nei confronti di una religiosità che è soltanto una manifestazione superstiziosa di orgoglio. Nell'universo l'uomo si sente come perduto: l'essere suo, la sua vita non li può sentire che come un assurdo. Ed egli deve credere: Dio gli parla, Dio lo ascolta.
Crediamo davvero? oppure la preghiera è per noi solo un volgerci a uno specchio che riflette la nostra immagine? Molto frequentemente la nostra religione non c'insegna tanto che l'uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio, ma ci insegna piuttosto che Dio è fatto a immagine e somiglianza dell'uomo. Quando noi preghiamo non parliamo che a noi stessi, non ascoltiamo che noi stessi. Invece che avere il potere di superare l'infinita distanza che ci separa da Dio, nemmeno riusciamo a parlare a un altro che ci è vicino: non giriamo che intorno a noi stessi e la vita della maggior parte delle anime si riduce a questo.
Parlare a Dio! È in questo la grandezza del Salterio, che è la parola che ogni uomo può rivolgere a Dio. E questa parola, può essere ascoltata da Dio, perché prima di essere la parola dell'uomo, la parola che sale dall'infinita miseria, dall'infinito abisso della povertà creata, è la parola che è discesa dall'infinita solitudine della divina santità. Proprio perché la parola è discesa, ha anche il potere di ascendere, come l'acqua che zampilla e sale in alto dopo essere discesa dall'alto.
Così ogni qual volta noi diciamo una preghiera, è ben di più dell'impresa dei cosmonauti al confronto: quando parlo e invoco il mio Dio, compio un'opera che dà le vertigini, se veramente la penso. L'uomo parla a Dio: è mai possibile questo? vi è miracolo più grande che l'uomo possa credere di essere ascoltato da Dio?
Se anche dovessi andare all'inferno, Dio ha già dato alla mia vita una meravigliosa grandezza, dal momento che ora, in questo istante, posso rivolgermi a Lui, posso dirgli: Padre mio!
Non potrebbe bastare quest'atto a riempire tutta la mia eternità? Non potrebbe bastare la consapevolezza che un istante solo della mia vita ho potuto guardarlo negli occhi, ho potuto ascoltare una parola che mi giungeva da Lui?
Dio parla all'uomo, l'uomo parla a Dio! Che cosa immensa, ed il Salterio è la testimonianza di questo colloquio che può ripetersi oggi per te, preghiera che è l'atto supremo in cui sembra dover terminare e trovare la sua perfezione la vita dell'intera creazione. È Parola che discende da Dio ed ha realmente anche il potere di risalire fino a Lui, e stabilisce un contatto fra l'uomo e Dio: libera l'uomo dalla prigione del mondo nel quale è chiuso e così anche lo salva. In che cosa infatti consiste la salvezza dell'uomo? non forse in un evadere dagli stretti confini del mondo?
Quanto più il mondo si fa grande per me, tanto più io mi sento imprigionato: quando il sistema solare è già talmente grande che sfugge al controllo dell'uomo, che cos'è mai per l'uomo vivere anche cent'anni e comandare l'universo? non è già un esser dannato anche sentirsi padrone del mondo, quando l'uomo sa che il sistema solare stesso è meno di un atomo negli spazi sterminati dell'universo? che cosa sono le ambizioni dell'uomo?
In che consiste dunque la nostra salvezza? Nel liberarci, nell'evadere da questi stretti confini, nel sentire che una porta ci è aperta oltre tutti i limiti del mondo, nel poter guardare al di là e trovare il volto di un Dio che ci ama e ascoltare, al di là di ogni parola, la parola di un Dio che ci chiama. Ora, ogni volta che prego, io vivo già questa salvezza, perché esco incontro a Lui, perché sfuggo a tutti i limiti della mia condizione creata, perché trascendo i confini del mondo e lo guardo.
Questo è già vero quaggiù sulla terra, in questa vita presente. Non è un uomo fittizio, irreale che parla a Dio nei salmi, ma l'uomo concreto con le sue passioni, con la sua miseria, il suo peccato. È quest'uomo di carne che soffre, che parla a Dio. Se fosse soltanto il santo, se la preghiera dei salmi fosse soltanto una parola dell'uomo già purificato, dell'uomo che non è più l'uomo nella sua reale miseria, io sarei ugualmente escluso, io non potrei vivere la mia salvezza. Ma nell'istante che apro davanti allo sguardo di Dio le piaghe dell'anima mia, tutte le ferite della mia anima fioriscono come luce: sono vedute dal suo sguardo divino. È una cosa immensa! Se anche ho tutti i peccati del mondo, quando dico al Signore: "Signore, son qui", Dio mi ascolta, mi guarda, il suo sguardo trasfigura tutto e io sono già rivestito della luce dell'infinito suo amore.
Abbiamo compromesso tutta la nostra vita religiosa con troppi ritualismi: se vivessimo solo l'atto di fede! Quanto più la vita religiosa è profonda tanto più diviene semplice, pura. Questo è il Salterio: la parola di Dio all'uomo, la preghiera dell'uomo a Dio. Colloquio d'infinito stupore. I cieli ci guardano: quest'uomo parla e Dio l'ascolta. E la norma della preghiera sono i salmi, e ogni preghiera non fa che ripetere i salmi. Di fatto la liturgia della Chiesa usa quasi esclusivamente le formule di questa preghiera che può essere la nostra precisamente perché è la parola stessa di Dio. Solo la sua parola Egli ascolta ed Egli ha voluto farsi Parola dell'uomo, proprio per poterla ascoltare, per accoglierla e così ascoltare ed accogliere con la parola anche noi.
Ma in questo dialogo io evado dal mondo oppure porto il mondo con me? Il colloquio della preghiera stringe l'uomo a Dio eppure con l'uomo e con Dio tutto quanto l'universo è interessato. Il mondo ascolta e parla con me... ed è Dio che mi parla attraverso il mondo e le cose, cosicché nulla vi è più che sia separato. Chi parla nei salmi? a chi si rivolge la parola di Israele? chi parla? L'uomo concreto, ma l'uomo concreto non è mai un'anima sciolta dal corpo, separata dal mondo. La preghiera greca tende sempre alla preghiera pura, che è espressione di un'anima che si è liberata dal corpo, l'atto dell'anima che si svincola non soltanto dalla società esteriore, non soltanto dal mondo, ma anche dal proprio corpo. E invece chi parla nei salmi è l'uomo concreto che è legato al mondo, che è legato agli uomini e perciò, anche nella preghiera, non può rinnegare il suo legame e porta, salendo vertiginosamente a Dio, con se stesso, tutte quante le cose: tutte nella sua preghiera le solleva, tutte le innalza davanti al volto di Dio. Per questo la preghiera cristiana è l'atto con cui l'uomo redime anche il mondo.
E dobbiamo aggiungere anche qualche altra considerazione. Dobbiamo dire che il Salterio è sì parola di Dio, è sì parola dell'uomo, ma in che modo Dio parla? in che modo l'uomo parla? che cosa dice Dio? che cosa dice l'uomo? Il modo è tanto semplice che solo la fede fa scoprire nella parola Dio stesso che parla. Può sembrare infatti il Salterio un libro assai comune, un libro religioso fra tanti altri libri; in altri sembra esservi forse anche maggior pienezza di sentimenti, altri libri potrebbero sembrare testimonianza di esperienza religiosa forse anche più profonda o più nobile e spirituale. Si è detto che è l'uomo concreto che parla nei salmi, ma si deve anche aggiungere che Dio, per avvicinarsi all'uomo, si umilia, usa la sua stessa parola, la parola dell'uomo comune nella sua pura umiltà. Nessuna parola sarebbe adeguata ad esprimere il mistero divino e proprio per questo, egli può usare, se vuole, la parola più umile. Ed è questa. Vi è anche nel libro dei salmi una kénosis di Dio, un annientamento di Dio che manifesta il fulgore della sua santità nella espressione più povera, più immediata, più umile dell'umano linguaggio. L'insegnamento dei salmi non sembra avere la profondità della filosofia di Platone; non ha nemmeno lo splendore letterario della lingua di Sofocle, è la parola più umile. Se Dio voleva parlare, Egli doveva rivolgersi a te e dal momento che egli discende, non c'è limite alla discesa di Dio; non c'è davvero limite alla umiltà della quale egli si veste per farsi vicino all'uomo al quale egli parla. L'abbé Huvelin diceva che Dio ha scelto talmente l'ultimo posto, che nessuno può pretendere di scendere ancora più in basso... E questo è vero non solo nella incarnazione del Verbo, ma è vero anche nella parola che ascolti. Come in questa umiltà si rivela la realtà infinita dell'amore di un Dio fatto uomo! ogni distanza egli distrugge per discendere anche più in fondo di quanto tu sei, perché tu non abbia alcun timore che Egli si sottragga al tuo amore. E che cosa egli dice? Il Salterio beneficia di una duplice ispirazione: l'ispirazione profetica e l'ispirazione sapienziale: del profetismo ha tutto il carattere drammatico di una esperienza viva, dell'ispirazione sapienziale ha la pacata esposizione di una dottrina, la narrazione dei fatti. Dio insegna, Dio ama. Ecco quello che ci dice questa duplice ispirazione. È Maestro e si fa bambino con i bambini, perché il bambino pian piano s'innalzi e divenga simile al Maestro dal quale riceve l'insegnamento divino. Tuttavia la parola di Dio nel Salterio non è soltanto l'insegnamento pacato dei saggi, è anche l'espressione drammatica dei profeti. Prima che noi conoscessimo un Dio fatto uomo che ci ha amato e ci ha amato con un cuore di carne, noi abbiamo appreso che egli ci amava nel linguaggio dei profeti, che è anche il linguaggio dei salmi.
Dio s'interessa dell'uomo, l'uomo non è indifferente al suo amore. Questo distingue Dio da ogni divinità che l'uomo si è forgiata secondo quello che egli poteva pensare. Questo Dio che ci parla è un Dio che soffre una passione di amore, per usare il linguaggio di Origene, è un Dio geloso, un Dio che si offende, un Dio che tu puoi contristare, è un Dio che tu puoi ferire nel più intimo del cuore, è un Dio che reagisce con violenza inaudita contro di te, perché ti ama davvero. Solo questo linguaggio è espressione di amore verace. Uno che non soffre della mia mancanza di amore, non mi ama. Per uno che ama non può essere indifferente l'amore dell'amato; amando, altro non vuole che essere amato. Finché io non voglio essere amato, non amo. Sembra che neppure sappia quanto Egli dona, perché quello che dà è nulla per Lui e tutto è per Lui il tuo piccolo dono di amore. Egli che ama sembra vivere non la sua beatitudine immensa, ma del dono che l'uomo gli fa. Tutto è nulla per Lui, finché tu non rispondi al suo amore: questo dicono i salmi. Colui che parla è un Dio che, in qualche modo, già si è fatto uomo per te.
Che cosa stupenda è questa rivelazione che Dio ci dà di se stesso! Mentre siamo nulla per tutti, mentre tutti più o meno sono indifferenti alla nostra pena anche se ci amano - fino in fondo nessuno ci conosce, fino in fondo nessuno dà importanza alla nostra vita, così come gliela diamo noi stessi -, Dio dà alla nostra vita, ai nostri sentimenti un'importanza infinitamente maggiore di quella che hanno persino per noi stessi.
Il tuo amore sembra essere il nutrimento stesso di Dio. Dio nutre l'uomo, si è fatto alimento dell'uomo, ma ugualmente l'uomo è divenuto, perché Egli l'ha amato, l'alimento di Dio; «Dio senza di te non sa vivere, sembra morire», scriveva il Silesio. È una passione d'amore indicibile, di cui sono esperienza e testimonianza questi canti che, prima ancora di rivelare l'uomo, rivelano Dio, Dio per il quale la povera parola, la vita dell'uomo contano più di tutti i suoi cieli, perché questa parola Egli l'ascolta, perché questa vita Egli la vuoi ricevere da te.
Che cosa dice l'uomo a Dio? Oh, non può dire altro che sé, Dio non aspetta altro da lui. È tutto ed è nulla. È tutto perché ama me. Che cosa aspetta Dio dalla parola dell'uomo? È una lamentela senza fine che stancherebbe anche l'amore di una madre: da noi non sembra attendere altro il Signore. Questo è il dono che aspetta: i nostri peccati e la nostra povertà. Se Dio aspettasse qualche altra cosa, che cosa noi potremmo portargli? Ma Dio aspetta questa parola; la supplica del povero continua, incessante, noiosa e qualche volta accenna un grido scomposto di gioia. Devi dare quello che sei nella tua povertà, ed Egli è immensamente contento. Quello che conta non è il tuo dono, ma il fatto che glielo fai tu ed Egli per te ha dato tutto Se stesso, ed Egli ti ama come Se stesso, direi più di Se stesso. Il Padre non ama Sé: ama il Figlio; il Figlio non ama Sé: ama il Padre, e Dio ama l'uomo e per l'uomo egli è disposto a morire. Siamo povera cosa eppure siamo tutto per Dio.

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