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mercoledì 23 novembre 2011

La suddivisione del Salterio

La suddivisione del Salterio

Prima di procedere è necessario dire ora come si divide il Salterio secondo la tradizione ebraica. La divisione è essenziale alla interpretazione stessa del Salterio, anche se pochi sembrano riconoscere il suo valore e pochi ne parlano.
Il primo libro si estende dopo i primi due salmi di introduzione a tutto il Salterio, fino al salmo 41. Il secondo libro contiene trentuno canti e va dal salmo 42 a tutto il 72; il terzo libro contiene diciassette salmi e va dal salmo 73 a tutto il salmo 89. La divisione nei singoli libri coincide in gran parte con 'le raccolte' che sono venute a formare il Salterio; ma la divisione ebraica ha un rapporto con 'le raccolte', solo perché queste già possedevano una loro unità.
Secondo la divisione data dalla Bibbia di Gerusalemme, la prima raccolta aduna i primi salmi fino al salmo 41; la seconda raccolta comprende invece i salmi dal 42 al salmo 89. Nella divisione ebraica del Salterio in cinque libri si arriva al salmo 89 solo col terzo libro e tuttavia il primo termina col 41, e il terzo libro col salmo 89. Vuol dire che la seconda raccolta si divide, secondo la divisione ebraica, in due libri. La terza raccolta si divide ugualmente in due libri. Il quarto libro contiene diciassette canti e va dal salmo 90 a tutto il salmo 106; il quinto libro poi contiene quarantaquattro salmi e va dal salmo 107 a tutto il 150.
Per interpretare il Salterio ci sembra necessario mantenerci fedeli a questa divisione; solo così si può capire cosa vogliano dire i singoli salmi nell'economia dell'insieme.
Si potrebbe mantenere la divisione del Salterio secondo le raccolte che sono venute a comporlo: anche se le ultime due raccolte, nella divisione ebraica, si compongono di due libri ciascuna. E tuttavia sembra più conforme alla tradizione seguire la divisione che il giudaismo, prima ancora dell'era cristiana, aveva compiuto. Il primo libro fino al salmo 41 insiste soprattutto sulla potenza del male. Tuttavia col primo libro sono già presenti tutti i temi e tutti i generi letterari propri del Salterio: non fa meraviglia che anche nel primo libro vi siano dei salmi di lode che cantano la gloria di Dio.
Non c'è vita senza crescita, ma è il crescere di una medesima vita. Così fin dall'inizio è presente, anche se nascosta, la lode; così fino – quasi – alla fine sarà presente il male. Tuttavia all'inizio l'esperienza del male è predominante, eccessiva, mentre verso la fine del Salterio, nonostante che il male si dimostri, di quando in quando, efficace, è la lode di Dio che dona il suo vero tono e contenuto alla preghiera.
Nei salmi, tranne uno solo, l'orante non si ritiene mai del tutto innocente. Il male non è dunque tutto da una parte e il bene tutto dall'altra. Quello che distingue i fedeli di Dio dai suoi nemici, non è il fatto che da una parte c'è tutto il bene e dall'altra tutto il male; ma da una parte ci son gli uomini che sono per Iddio e dall'altra ci sono gli uomini che sono contro di lui.
Troppo frequentemente trasformiamo la vita religiosa in una coscienza di sufficienza morale. Non è detto che chi è religioso sia perfetto, anzi egli deve accettare in precedenza di essere e di riconoscersi un peccatore. Quello che non può accettare è di amare il suo peccato, di essere perciò contro Dio. L'uomo invece è con Dio ed è per lui precisamente in quanto confessa il proprio peccato, lo riconosce e implora il perdono. La realtà è complessa, i salmi sono la preghiera dell'uomo concreto nella sua povertà.
L'uomo si riconosce in coloro che sono dalla parte di Dio e può far suo il canto dei salmi in quanto preghiera, perché i salmi sono precisamente la preghiera del peccatore. Non tuttavia del peccatore che ama il suo peccato, perché, dal momento che prega, il peccatore non può che implorare il perdono, il soccorso divino. Così, pur dovendo dire i salmi e perciò metterci dalla parte di Dio, i salmi non ci danno nessun motivo di orgoglio, non conciliano, non coltivano, non educano l'anima al fariseismo spirituale, per cui l'anima condanna gli altri per dichiararsi ella sola giusta e innocente.
Nei primi secoli cristiani si riconobbe messianico il salmo 22, perché unico, mentre avrebbe annunciato la passione, dichiarava l'innocenza del giusto perseguitato. Invece tutti i salmi sono messianici perché in tutti è il giusto che parla, ma che, proprio perché giusto, si è fatto solidale con i peccatori e di tutti i peccati si è addossato la responsabilità dinanzi al volto del Padre.
Per questo anche in tutti i salmi è ogni uomo peccatore che parla; e in ogni uomo che parla è il Cristo medesimo, perché si è fatto solidale con lui. Egli non ha assunto soltanto la natura dell'uomo, ma anche la universale responsabilità del peccato.
Il male, nei salmi, sembra doni ogni potere, e tuttavia questo potere non è che vanità. Nel mondo in cui domina il male, Dio è come un di più: la vita del mondo è apparentemente come il crescere pauroso del male, ma, proprio crescendo, il male si distrugge da sé. Quando il male nel suo potere di distruzione e di morte sarà giunto al massimo, allora il suo potere apparirà vanità, nulla. Il suo potere è reale solo nella misura che si nutre del bene; nella misura che non è ancora male puro, assoluto, ha una sua realtà, una sua consistenza, ma via via che il male si libera da ogni alleanza col bene, esso stesso vien meno. Rimane la povertà di chi era perseguitato ed oppresso, rimane l'umiltà di coloro che si erano affidati a Dio nella loro preghiera ed hanno accolto ora Dio nel loro cuore e Dio vive in loro.
Così cresce sì, il male, ma è proprio il suo crescere che, al contrario di spaventarci, annuncia la sua stessa disfatta.

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